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one day I am gonna grow wings, a chemical reaction hysterical and useless *

mi piacerebbe sapere,
ogni tanto,
cosa pensi di queste mie
velleità letterarie
se almeno riescono
a trasmettere qualche emozione
o sono solo un esercizio
di puro ego
o banalità ridondanti
una volta pensavo di scrivere
il romanzo generazionale,
e nel profondo ancora oggi
di tanto in tanto
mi sovviene qualche spunto
per poter ricominciare,
a dare voce
a chi ha affrontato l’inizio
del nuovo millennio
con grandi speranze
non sapendo che il futuro
gli era già stato fottuto
abbiamo studiato
credendo di poter diventare
qualsiasi cosa
finendo per ereditare,
quando ci è andata bene,
una classe sociale,
quella dei nostri genitori,
di questo scrivo spesso
e dell’amore che non sono mai
riuscito a capire
ma in questi versi liberi,
che poesia non mi azzardo a chiamare,
ho trovato una dimensione
che più mi appartiene
perché non ho metodo
e nemmeno costanza
credi che sia ancorato
a un passato che ho romanticizzato
per non andare avanti?
odio questa immagine bidimensionale
come se esistessero solo
due direzioni
in cui poter guardare
mentre è attorno
che il mondo continua ad accadere
da quando mia nonna se n’è andata
ho cominciato a vacillare
come se, solo lei, fosse
il legame più forte
con un paese di una sola strada
pieno di case diroccate
come le ambizioni
di tanti suoi abitanti
e forse, per molto tempo
ho avuto paura di partire
e non poterla salutare
per l’ultima volta
ma per sessanta giorni
è rimasta in ospedale
senza che la potessi vedere
di o per covid non fa differenza
perché poi è tornata a casa
solo per morire
e io, non sono nemmeno sicuro
di essere stato all’altezza
delle aspettative
dell’ultimo respiro
di averle detto tutto
nell’ultimo sguardo
almeno, quel grazie enorme
che meritava
o la giusta quantità di lacrime
e ora senza un appiglio
senza una scusa
non so che farmene
di queste mura
che lentamente si restringono
togliendo spazio e fiato
di notte mi sveglio sudato
il tempo scandito
dall’orologio a muro
di cui odio il rumore regolare
non ho mai avuto sogni particolari
né cassetti in cui rinchiuderli
ho sempre provato a colmare
un divario culturale
che ho subito dalle case
in cui c’erano libri
e si parlava d’altro
piuttosto che della sopravvivenza
e la poesia è
una delle cose che mi fa stare bene
e scoprire quel mondo
in cui ci si può liberare su un palco
ognuno con le proprie parole
anime in trasparenza
dapprima mi ha dato gioia, speranza
poi ha fatto ritornare a galla
un’idea che per molto tempo
avevo tenuto a bada:
andare via, da questa terra di merda
e ricominciare altrove
le abitudini stanno uccidendo
le mie emozioni
rendendole linee rette
encefalogrammi piatti
ho bisogno di slanci
anche se, ancora
non so bene dove trovarli
ma di certo, non saranno
loro a cercarmi

E ora?

… [E ora? Anche ora, ci si sente come in due. Da una parte l’uomo inserito che attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana e dall’altra, il gabbiano senza più neanche l’intenzione del volo, perché ormai il sogno si è rattrappito. Due miserie in un corpo solo. ]… **

* Let Down – Radiohead
** Qualcuno era comunista – Giorgio Gaber

fanculo a chi non ha iniziato niente e a te dice che è finita *

c’è tempo e modo, credetemi.
bisogna solo avere la voglia, anche se vi diranno che quella da sola non basta, che non è mai bastata.
non lasciate che siano gli altri a dirvi cosa sognare, non prendete in prestito quelli dei vostri padri ma cercatene nuovi. non ascoltate chi vi dice è andata sempre così e così sempre dovrà andare, senza possibilità di cambiare. non lasciatevi spiegare come va il mondo da chi non è mai uscito dal suo recinto, da uno sputo di paese. pensate al mondo in continua rivoluzione, pensate al passaggio dall’analogico al digitale. pensate alle conquiste sui diritti civili, sulla dignità di esseri umani, anche se ancora siamo lontani dalla perfezione. pensate al divorzio e alla liberazione che ha portato che “per sempre” è solo un modo per tenerci prigionieri. pensate alla rete, alla velocità della comunicazione, pensate se qualcuno avesse detto: restiamo ai segnali di fumo, che mi trovo bene. un’idea diversa fa sempre paura a chi per troppo tempo ha tenuto il culo sulla poltrona. non delegate, non più. non abbiate paura di stare da una parte. “libertà è partecipazione” diceva Gaber in una sua canzone ed è ancora la migliore definizione che sono riuscito a trovare.

* C’eravamo tanto sbagliati – Lo stato sociale

so che mi puoi radiografare col tuo sguardo nucleare *

brandelli
di organi
e sentimenti
lasciati
per strada
a formare
un sentiero
di ricordi
amarsi intensamente
e poi non parlarsi
per il resto della vita
e ogni tanto
spiarsi dalla serratura
per un’idiozia
conquistata a fatica

* Veleno – Afterhours

non sanno se ridere o piangere, batton le mani *

come quando cerchi risposte
e trovi, solo, altre domande
quando finisce la festa dell’amore
e si torna alla vita normale
senza cioccolatini, fiori
e cene da regalare
l’abitudine che uccide la passione
e tutto quello che poi
il prossimo anno proveremo
a farci perdonare
fare un giro completo
e ritornare a capo
la fine che coincide con l’inizio
e tu non sai più distinguere
cosa fa più male
se questa delusione
oppure la disperata rassegnazione
di sentirsi piccoli e indifesi
in un universo in espansione
e un’umanità, sempre più,
verso l’estinzione

* Far finta di essre sani – Giorgio Gaber

I once loved a woman, a child I am told, I give her my heart but she wanted my soul, but don’t think twice, it’s all right *

t’ho vista
tra le linee
di una ragazza spagnola
in un locale a Cracovia
ogni tanto ti sento ancora
dentro
non sto mentendo
un qualcosa di denso
acido
più di un limone
vorrei poter dire
che fa male
ma, invece, è solo delusione
ciò che poteva
ciò che doveva
ciò che è diventato
un gioiello rubato
un volo mancato
un sogno rattrappito

* Don’t think twice, it’s all right – Bob Dylan

ma niente non ce la faccio mi dispiace, oggi mi state tutti sul cazzo *

Io non so più cosa mi aspetto da questo paese. Non so più se vale la pena aspettarsi qualcosa e poi puntualmente farsi deludere. Sai che potrebbe essere più semplice se solo riuscissi a dividere questo peso in due parti uguali e dimezzare la fatica. Ma non credo più nemmeno in questo. All’anima gemella. All’anima de li mortacci tua, e nostri. Per cosa poi? Per continuare a tirare avanti quest’idea della famiglia in un certo modo, in una direzione, con lo stesso senso di marcia. Passaggio obbligato per ogni essere umano, per essere accettato socialmente o per lo meno per essere considerato credibile tra tutti, tra gli idioti. Di questo stiamo parlando: di idioti. E di pezzi di merda che speculano sulle disgrazie e sulla vita delle persone, facendone di questo un progetto politico. Portando avanti, rievocandoli da un passato scuro, temi come l’odio, il razzismo, la supremazia occidentale, il sovranismo nazionale, i muri di recinzione. Non ci sono più le mezze stagioni, non sono più nemmeno le stagioni, ognuno faccia come cazzo gli pare. Dove andremo a finire quando non avremo più niente da smantellare? Non insegnate ai bambini la vostra morale, cantava Gaber in una canzone e quanto cazzo aveva ragione.

* Canta che ti passa – Zen Circus

bisogna saperlo prima che dopo non c’è lavoro, prima, capito *

Volevi fare l’insegnante? Prendevi un tintu diploma magistrale (alla siciliana) oppure una laurea se proprio volevi strafare e il gioco era fatto, non senza sbattimenti certo, ma almeno seguivi un percorso. Ora invece, ti laurei, poi devi vedere a quale classe di concorso puoi accedere, integrare se ti mancano i crediti formativi per qualche insegnamento, prima c’era la specializzazione, poi l’hanno tolta, poi rimessa con un altro nome, poi tolta ancora, fino ad arrivare ai giorni nostri in cui c’è un corso Pre-fit per accedere al corso Fit, che nell’eventualità dura tre anni e poi se tutto va bene, emigri. Che suona un pò tipo come se ti dicessero: sai vai benissimo così, quello che hai fatto fino ad ora è ottimo, complimenti veramente, però, se riesci a fare anche quest’altro sei al top. Per poi, appena concluso quell’altro sentirsi dire le stesse cose, magari pure e se me lo dicevi prima! Ma il futuro non doveva semplificarci la vita? L’altro giorno ho sentito che per accedere a un test, devo fare un pre-test! E’ la logica di chi la dura la vince oppure semplicemente allungare il percorso per fare in modo che chi se lo può permettere, economicamente soprattutto, può andare avanti e chi non può, semplicemente, se lo prende nel culo.

Quindi, ve lo dico io perché non faccio lo scrittore o per lo meno perché non ci provo a farlo. Fondamentalmente, perché questo è un paese di merda, che nonostante crede di aver superato certe cose col tempo, con le lotte degli altri, ancora se le porta dentro e per certi versi ne va fiero e ringrazia il cielo quando ne ha occasione. Siamo un paese in cui ancora, e oggi in questi tempi di crisi ancora di più, essere “figli di” diventa fondamentale e per certi versi ne delinea le dinamiche sociali e ne stabilisce ruoli e direzioni, livelli, sottolivelli e categorie. Fateci caso, negli ultimi dieci anni, dopo anni di pseudo liquidità sociale, facendo finta di dire “ognuno può essere quello che vuole”, si sta tornando a ragionare per strati, a caste. E allora non sorprendetevi se i figli, che ne so, dei poliziotti fanno i poliziotti. Anche se poi senti i padri fare affermazioni tipo: mio figlio ha studiato tanto si è fatto un culo così per superare quel concorso. Certo, sicuro. Com’è sicuro che non c’entra un cazzo che lui faccia lo stesso mestiere da anni. Pure coincidenze. In realtà, sono diventato meno ingenuo e non mi lascio più ingannare dai colpi di fortuna altrui, che per puro caso, oltre all’impegno costante, hanno ottenuto un lavoro inaccessibile per molti. Ma facciamo ancora finta di vivere in un paese col “sogno americano” ancora vivo e vegeto. Mi sono rotto le palle di tutta questa farsa, di questo politicamente corretto e dello spreco generato da una generazione che ha derubato i propri figli di tutte le possibilità, o almeno di gran parte di queste, per vivere un presente che non poteva permettersi. E ora ritorna ancora per derubare le possibilità ai figli degli altri. Ecco io non faccio lo scrittore per vivere ma l’operaio perché questo è il mio retaggio. Perché questo ho avuto, questo ho conosciuto e qui è dove mi trovo a mio agio e soprattutto questo mi fa campare, sopravvivere e restare a galla nella merda di tutti i giorni, senza per forza perdere la mia dignità.

* Se me lo dicevi prima – Enzo Jannacci